Trieste mercoledì 17 luglio 2024
Morto il presidente e direttore artistico della sartoria sociale Lister Pino Rosati, realtà che ha saputo interpretare l’eredità di Basaglia, nell’ex ospedale psichiatrico di San Giovanni.
Di Francesca Maino
L’uomo animava l’ex ospedale psichiatrico di San Giovanni a Trieste, Pino Rosati era un artista, un imprenditore sociale e un innovatore, si era dedicato alla sartoria nonostante la malattia gli aveva fatto perdere la funzionalità delle gambe e in gran parte delle braccia.
L’uomo mostrava con orgoglio le borse, gli astucci, gli zaini, e gli oggetti che uscivano dal laboratorio e che uscivano dal padiglione M di San Giovanni, dove un tempo c’erano internate le cosiddette “tranquille”, e che ora ospitano associazioni e realtà dell’innovazione sociale.
«La mattina restituiamo un mondo di colore a questo posto, quando portiamo fuori gli astucci, gli zaini e gli stand. È un rituale che quotidianamente compiamo, per contribuire a sottolineare il significato di San Giovanni con la quotidianità delle nostre vite».
La cooperativa di cui faceva parte fin dagli anni 2000 riutilizza scarti della città per produrre veri e propri capolavori di arte sartoriale, dando anche opportunità di lavoro per persone in condizioni di svantaggio, il nome di questa realtà è Terlis, un modo dialettale che usano i triestini di chiamare le tute da lavoro.
«Abbiamo però ribaltato l’idea dell’omologazione, spiegando che invece di togliere l’identità l’uniforme la attribuisce perché dà valore al volto della persona. Abbiamo iniziato a spostare l’attenzione su quest’ultima e sulla sartoria come modo di muoversi in contesti e memorie che la comunità triestina ci offre. Abbiamo anche immaginato un laboratorio capace di coinvolgere la gente, non solo di saper prendere le misure del giro vita o delle spalle, ma anche prendere le misure nel senso di incontrare e di calarsi nelle altrui storie per seguire un nostro percorso». le parole di Pietro Rosati.
Un fatto importante per cogliere anche l’umanità di Rosati è che in un asilo c’era stato un incendio doloso e lui aveva fabbricato costumi per le scene di una fiaba che spiegava il contesto e aiutò i bimbi ad accettare l’accaduto.
In sei mesi l’asilo è stato rimesso a nuovo ed è stato riaperto con una grande inaugurazione. «Questo segnò il nostro percorso e ancora oggi, in altre maniere, ci troviamo a ripercorrere e ribadire il gioco, nel coinvolgere le persone a portarci i loro materiali di scarto e a mostrare come questi materiali possono essere rielaborati», aveva continuato Rosati, «ed è questo che ci ha contraddistinto».
La cooperativa aveva all’interno 6 dipendenti a tempo indeterminato, con rapporti anche con enti di diverso tipo, ad esempio i banner che diventavano borsette, un azienda tutto tondo con a capo Rosati.
Last modified: Luglio 17, 2024