A Trieste, la Corte d’Appello ha confermato la condanna a dieci mesi di reclusione per omicidio stradale a un tassista, in seguito a un incidente mortale avvenuto oltre sei anni fa. La decisione, presa dal giudice Paolo Alessio Vernì lo scorso 19 giugno, mantiene la sentenza del 2022 del giudice Alessio Tassan, inclusa la sospensione condizionale della pena e la non menzione nel casellario giudiziale.
di Daniele Hemmanuel Pitzalis
La tragedia risale alla mattina del 30 marzo 2016, quando un taxi si fermò in via Coroneo, vicino al tribunale, per far scendere un cliente. Il passeggero aprì la portiera, causando un impatto tra questa e il manubrio di uno scooter in transito. Il conducente dello scooter e sua moglie caddero. La donna subì un grave trauma cranico-encefalico, morendo quella sera stessa alle 23:30 all’ospedale di Cattinara. Il marito, che guidava lo scooter, riportò ferite meno gravi.
Il passeggero del taxi fu indagato per omicidio stradale insieme al tassista, accusato di non aver impedito l’apertura della portiera e di presunte violazioni del Codice della Strada. Il passeggero, assistito dall’avvocato Giovanni Borgna, patteggiò un anno di reclusione con sospensione condizionale nel 2020, mentre il tassista decise di difendersi contestando le accuse.
L’avvocato Denaura Bordandini, difensore del tassista, ha dichiarato: “Non è chiaro quale sia la violazione del codice della strada contestata al mio assistito”. Ha aggiunto che “la responsabilità per i reati stradali viene ascritta per colpa specifica, quindi è necessario individuare chiaramente quale regola cautelare è stata disattesa e la sua reale efficacia impeditiva dell’evento. In primo grado, secondo noi non è stato fatto”.
Bordandini ha spiegato che il suo assistito è “ancora sconvolto” ma ritiene che “la propria condotta non sia stata causa dell’incidente”. Durante il primo grado di giudizio, la difesa ha sostenuto che lo scooter si trovava a soli sei centimetri dal taxi al momento dell’impatto, in una dinamica simile a un tamponamento. Inoltre, il casco della vittima non ha retto l’urto con l’asfalto, rompendosi.
Gli accertamenti del consulente della difesa, l’ingegner Monfreda di Udine, hanno concluso che il casco non era idoneo allo scopo. Anche i medici legali, nominati sia dall’accusa sia dalla difesa, hanno concordato che la morte è stata causata dall’impatto diretto con l’asfalto e che il trauma mortale era incompatibile con un casco adeguato. Le motivazioni della Corte d’Appello saranno depositate entro 90 giorni e, sulla base di queste, la difesa deciderà se presentare ricorso in Cassazione.
Last modified: Giugno 28, 2024